Sunday, October 16, 2005


Intervista ai Pelican
(Punkster, ?)


I Pelican vengono da una città che ha una tradizione di musica indipendente impeccabile: Chicago. Dagli Smashing Pumpkins agli Alkaline Trio, dai Dwarves ai Joan Of Arc, dai For Carnation agli Isotope 217 per arrivare ai Tortoise, alla Touch & Go e a Steve Albini. Una città contraddistinta insomma da una fervente comunità “alternativa”, che con i Pelican riesce finalmente a finire anche sulle mappe del post hardcore. Australasia è un'esperienza d'ascolto che deriva evidentemente da differenti materie musicali lasciate a interagire: dal post rock al metal, dalla psichedelia all'hardcore, sono molteplici i riferimenti che è possibile trovare all'interno del gruppo, che però può già vantare, benchè giovanissimo, una personalità solida e delle capacità “esplorative” di prima qualità. Il nostro interlocutore è il batterista Larry Herveg, e cominciamo a bruciapelo: qual è lo scopo dei Pelican? “Miriamo a creare qualcosa di unico e imprevedibile, amiamo molto la musica e vogliamo cercare di creare qualcosa di fresco e diverso. Non siamo certo l'unico gruppo strumentale del mondo, ma crediamo di avere un suono che possiamo definire nostro. Vogliamo che i pezzi vengano progettati come un viaggio, come qualcosa all'interno del quale l'ascoltatore possa perdersi. Qualcosa che sia pesante, ma che allo stesso tempo contenga delle melodie.”

Lo stesso nome del disco, Australasia, sembra voler richiamare alla mente un paesaggio, uno scenario naturale. Che tipo di ambientazioni volete evocare?
Vorremmo che la gente pensasse ad altro mentre ci ascolta, che si lasciasse andare a una sorta di fuga, se vogliamo chiamarla così. Non vogliamo evocare tanto paesaggi oscuri, quanto meravigliosi e irreali.

Il suono è liquido e scorrevole, denso, trascinante. C'è una precisa intenzione psichedelica dietro?
Decisamente, o almeno lo speriamo. Non avere un cantante né dei testi ci permette di concentrarci esclusivamente sulla musica e non scrivere canzoni nel classico schema strofa/ritornello/strofa. Ci permette di sperimentare con la struttura dei pezzi. Speriamo che questo aiuti anche l'ascoltatore e concentrarsi su quello che sta ascoltando senza dover dedicare la propria attenzione a un cantante perdendo tempo a chiedersi se gli piaccia o meno. Questo è un effetto che le droghe possono favorire, ma noi scriviamo la maggior parte dei pezzi completamente sobri.

Paragonare i Pelican ad un gruppo come gli Isis può certamente essere utile per associarvi -da nuova entità musicale- a qualcosa di più ampiamente conosciuto. Tuttavia crediamo ci sia una precisa differenza: laddove gli Isis sono più concentrati su un suono vicino ad un drone, ripetitivo e, di nuovo, liquido, i Pelican sembrano avere maggiormente a cuore lo sviluppo lineare dei pezzi. Non si tratta tanto di raggiungere l'apice di un pezzo per poi mantenerlo per stordire l'ascoltatore, quanto di dar vita a un processo descrittivo. Certamente alcune parti vengono ripetute, la lo scorrere sembra lineare più che circolare, quasi cinematico.
Gli Isis sono uno dei nostri gruppi attivi preferiti: dico “attivi”perchè ci piace anche molta musica non propriamente recente. Credo che l'unico motivo per il quale gli Isis posson essere considerati più ripetitivi di noi è il fatto che abbiano delle parti vocali. Tornare su un passaggio già suonato all'interno di una canzone crea più spazio per inserire delle parti cantate. Credo che sarebbe difficile inserirle in molti dei nostri pezzi a causa della struttura stessa e degli arrangiamenti. Drought è l'esempio perfetto di una progressione lineare: comincia lenta e il momentum cresce in modo graduale fino a raggiungere un apice. Un altro aggettivo valido per descrivere alcune delle nostre canzoni è “cinematico”, ma anche noi come gli Isis miriamo a raggiungere il picco in ognuna di esse.

Pensate ci sia una corrispondenza fra quello che state facendo come Pelican e l'urgenza originale dell'hardcore. Oppure preferite essere considerati più vicini al metal, all'interno di un concetto di pesantezza assoluta?
Per me l'hardcore è sempre stato rappresentato da gruppi che volevano fare qualcosa di diverso, superare i limiti e suonare musica estrema. La stessa cosa vale per il metal e credo che i due generi siano molti vicini a livello di suono e strutture. Siamo cresciuti ascoltando hardcore, punk, rock e metal e tutti hanno lasciato delle tracce in quello che scriviamo ora. Non vorrei che fossimo considerati un gruppo strettamente metal o hardcore perchè non voglio essere infilato a forza in un genere musicale. Chicago, da questo punto di vista, è stato un suolo fertile sul quale crescere, perchè ha moltissime scene diverse e un pubblico aperto. Ai nostri concerti viene gente appassionata di tutti i generi musicali, questa è una cosa che ci piace. Allo stesso modo ci piace suonare un giorno coi Khanate e quello successivo coi Denali: due gruppi che sono agli antipodi come suono, eppure i loro fan hanno trovato in noi qualcosa che potesse piacergli. Tornando a quello che chiedevi – i Pelican cercano di spingersi in direzioni nuove e di abbattere delle barriere, che è quello che metal e hardcore hanno sempre fatto.

Perchè il titolo Australasia? E' un luogo inventato? Semplicemente una parola che suona bene?
Bryan, il nostro bassista, ha passato tre settimane in Australia appena prima che finissimo di scrivere questo album. L'ultimo pezzo, la title track, è stato terminato la settimana in cui è partito. Non avendo parti vocali e quindi testi a volte è difficile dare i titoli ai brani perchè non esiste un tema dominante. Insomma, è tornato con un sacco di foto magnifiche e abbiamo voluto inserirle nel layout: le abbiamo mandate ad Aaron Turner (chitarrista degli Isis, proprietario della Hydrahead e grafico apprezzato, N.d.A.) che ha realizzato l'artwork. Il risultato è stata un'atmosfera soprannaturale e visionaria. Di conseguenza volevamo che anche il nome suonasse più esotico di un semplice “Australia”. Australasia è il nome che i geologi hanno dato alla regione che comprendeva le odierne Australia e Asia, prima che i movimenti della crosta terrestre portassero alla formazione dei due continenti. Il risultato finale è fantastico.
Quali sono i gruppi ai quali siete felici di essere accostati?
La lista è lunghissima e i nomi tirati in ballo cambieranno profondamente da ascoltatore ad ascoltatore. In ogni caso una buona e abbondante selezione di essi comprende Mogwai, Isis, Godflesh, Old Man Gloom, Neurosis, Earth, Godspeed You Black Emperor, Sleep, My Bloody Valentine, Lungfish, Voivod, Helmet, Quicksand, Sunny Day Real Estate. A volte veniamo paragonati a gruppi in maniera veramente sorprendente, ma queste sono tutte band che amiamo ed è per noi un onore essere avvicinati ad esse.

Certamente i Mogwai sono un paragone che ha particolarmente senso, ma è quasi una sorpresa, dato che sono decisamente molto più popolari in Europa che non negli Stati Uniti. Se azzardassi una vicinanza di alcuni passaggi dei Pelican al suono paludoso e sudista dei Down? Penso a un pezzo come Drought.
I Down non sono un gruppo che amiamo particolarmente o al quale credo assomigliamo, ma credo di capire cosa intendi. Per quanto riguarda i Mogwai abbiamo in comune molte cose: la reiterazione, il volume, alcune melodie. Credo chei Pelican stiano semplicemente cercando di riposizionare il tutto all'interno di un suono più pesante.